Sono frutti di piccole dimensioni e di sapore “antico”, deciso, dolce o aspro e inconfondibile.
Si indica con il nome di “frutti dimenticati” un gruppo di antichi frutti la cui coltivazione, praticata già nel tardo Medio Evo, rimase nel territorio come risorsa alimentare ed economica delle famiglie contadine, che li usavano nella stagione invernale, anche trasformati, grazie alla loro conservazione. Si consumano soprattutto cotti o trasformati in confetture casalinghe.
Oggi la presenza di questi frutti, che sarebbe assai ridotta se lasciata allo stato selvatico, è stata fatta oggetto di attenzione da alcuni coltivatori che li hanno inseriti nella propria produzione come “prodotti di nicchia” attirando, così, l’attenzione dei consumatori.
Uno dei frutti dimenticati più apprezzati è la Pera Volpina (pera vuipena in dialetto), a cui è dedicata anche una delle sagre organizzate nel mese di novembre. E’ un piccolo frutto dalla forma caratteristica, da comprendersi tra i frutti autunnali coltivati e consumati in epoche passate; attualmente si sta cercando di reintrodurne la coltura in zone delimitate dell’Appennino faentino. Tipicamente, il consumo di questo frutto avviene attraverso una lunga cottura – bollitura in vino rosso e zucchero.
Di seguito potete trovare altre piante meno conosciute ma ugualmente diffuse nel territorio di Brisighella. In cucina, spesso, i frutti dimenticati, quali azzeruole, pere volpine, giuggiole, nespole, sorbe, rosa canina, cotogno ( mela e pera), vengono utilizzati per creare la marmellata tipica romagnola, “e’ savor“, preparata con la frutta e il mosto cotto. La ricetta del brodo di giuggiole, che risalirebbe all’epoca dei Gonzaga, comprende giuggiole, cotogne, uva bianca, zucchero e acqua. Dalla rosa canina si ricava una marmellata deliziosa e molto rara. Nei ristoranti dell’Appennino Faentino i frutti dimenticati vengono presentati in modo nuovo, unendo tradizione e creatività, con menù a tema stagionali.
Corbezzolo: ha bacche rossastre, sapore acidulo; è usato per confetture e acquavite digestiva. Matura a novembre – dicembre.
Corniola: frutto carnoso, di sapore acidulo. Acerba viene posta in salamoia come le olive. Matura a fine estate.
Mela cotogna: di forma ovoidale, con polpa dura e acida. E’ vocata alla cottura e alla confettura (savor e cotognata).
Giuggiola: frutto simile, per la forma, alle olive, ma di colore marrone, brillante. Ha polpa dura e nocciolo appuntito e legnoso. Quando è matura ha sapore molto dolce. Matura in settembre.
Nespola: piccolo frutto di sapore acidulo ed astringente. Si raccoglie ancora acerba e si fa maturare. Matura in ottobre – novembre.
Sorba: frutto simile ad una piccola pera con polpa acidula. Dopo la lenta maturazione diventa dolce e succosa.
In cucina
la cucina a base di frutti dimenticati è ricca di sapori nuovi, quelli di azzeruole, pere volpine, giuggiole, nespole, sorbe, rosa canina, cotogno ( mela e pera) utilizzato per ” e’ savor”, una marmellata tipica della Romagna preparata con la frutta e il mosto cotto.
La ricetta del brodo di giuggiole, che risalirebbe all’epoca dei Gonzaga, comprende giuggiole, cotogne, uva bianca, zucchero e acqua. Dalla rosa canina si ricava una marmellata deliziosa e molto rara.
Nei ristoranti dell’Appennino Faentino i frutti dimenticati vengono presentati in modo nuovo, unendo tradizione e creatività, con menù a tema stagionali.